Revoca patente: finalmente eliminato l’automatismo!

(Corte Cost. sent. n. 88/19)

REVOCA PATENTE per omicidio stradale o lesioni gravi: la Corte Costituzionale elimina l’automatismo!

(nota a sentenza di Avv. Marco Martinoia – Studio Legale Calvello)

La Corte Costituzionale con la sentenza n. 88 del 2019 (pubblicata il 17 aprile 2019) ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 222, comma 2, quarto periodo, del Codice della Strada, nella parte in cui prevedeva automaticamente (senza lasciare alcuna discrezionalità al giudice) la revoca della patente, in caso di condanna, o di applicazione della pena su richiesta delle parti (patteggiamento), per i reati di omicidio stradale (art. 589 bis c.p.) e lesioni personali stradali gravi o gravissime (art. 590 bis c.p.), allorché non ricorrano le circostanze aggravanti della guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di stupefacenti.[1]

Premessa

La Legge 23 marzo 2016, n. 41, ha modificato la disciplina relativa alle ipotesi di omicidio stradale e lesioni personali stradali gravi o gravissime (superiori ai 40 gg) con le seguenti modalità:

  • introducendo due reati specifici (589 bis e 590 bis del codice penale);
  • elevando le pene con la previsione di plurime circostanze aggravanti “privilegiate”;
  • aggravando il regime sanzionatorio (penale) con il divieto di bilanciamento con le circostanze attenuanti;
  • aggravando il regime delle sanzioni amministrative accessorie (sospensione/revoca patente).

In seguito all’entrata in vigore di tale novella legislativa, nelle aule di Giustizia, si sono riscontrate delle perplessità in merito alla concreta applicazione ai casi concreti di questa nuova disciplina. Negli ultimi mesi, così, diversi Tribunali italiani hanno promosso diverse istanze alla Corte costituzionale affinché vagliasse la legittimità con la nostra Costituzione delle disposizioni modificate con la Legge n. 41 del 2016.

Le criticità evidenziate dai Tribunali di Roma e Torino.

Con la sentenza in esame, la Corte costituzionale ha riunito un’ordinanza di rimessione del Tribunale di Roma (relativamente ad un caso di omicidio stradale) ed una del Tribunale di Torino (per un caso di lesioni personali stradali gravi).

Entrambi i Giudici rimettenti, infatti, hanno posto all’attenzione della Corte delle questioni di costituzionalità strettamente connesse relativamente a due casi in cui, ricorrendo il concorso di colpa della parte offesa, la condotta dell’imputato appariva essere causa non esclusiva dell’evento.

La Corte costituzionale si è, pertanto, concentrata su 3 questioni legate ad alcuni meccanismi di limitazione della discrezionalità del giudice penale:

  1. Automatica sanzione accessoria della revoca della patente (222, comma 2, C.d.S.);
  2. Automatico divieto di conseguire una nuova patente per i 5 anni successivi alla revoca (222, comma 3-ter, C.d.S.);
  3. Divieto di bilanciamento delle circostanze aggravanti con le attenuanti (art. 590 quater c.p.).

Nelle ordinanze di promovimento, è stato segnalato che l’art. 222, comma 2, C.d.S., come modificato dalla Legge n. 41/2016, non lascia al Giudice alcuna possibilità di commisurare la sanzione accessoria (revoca della patente di guida) alla gravità del danno, alle modalità della condotta, all’intensità della colpa e al concorso di altri fattori (quali, ad esempio, il concorso di colpa della persona offesa) e che sottoporre, senza possibilità dì graduazione, alla medesima sanzione accessoria situazioni la cui ontologica diversità è invece attestata dalla notevole differenziazione delle sanzioni penali (graduate in funzione di un diverso disvalore sociale) travalicherebbe i limiti della ragionevolezza imposti dalla nostra Costituzione.

Il Legislatore, infatti, pur avendo differenziato sul piano della sanzione penale le fattispecie delle lesioni colpose (art. 590-bis cod. pen.) e dell’omicidio colposo (art. 589-bis cod. pen.) secondo specifiche violazioni del codice della strada e pur avendo attribuito un diverso disvalore alle condotte dettagliatamente descritte come circostanze aggravanti, non ha poi trasposto tale distinzione nell’art. 222 C.d.S. strada laddove ha disciplinato in modo uniforme e indifferenziato la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida.

Ne è risultato, nel complesso, un marcato inasprimento delle sanzioni accessorie atteso che la revoca della patente è prevista indistintamente per tutte le ipotesi di reati cosiddetti stradali, sia nel caso in cui ricorrono le fattispecie cosiddette semplici, sia nel caso in cui sussistono le fattispecie aggravate, mentre la disciplina previgente delle sanzioni amministrative accessorie era maggiormente graduata.

I Giudici rimettenti, in particolare, hanno evidenziato che sottrarre al Giudice la possibilità di valutare nel caso concreto certi aspetti potrebbe comportare un aumento sproporzionato di pena anche nel caso di percentuale minima di colpa dell’imputato, rischiando di compromettere anche la finalità rieducativa della pena, perché non proporzionata al reale disvalore della condotta punita.

La decisione della Corte costituzionale (sentenza n. 88 del 2019 – pubblicata il 17 aprile 2019)

1. Automatica sanzione accessoria della revoca della patente (222, comma 2, C.d.S.)

La Corte ha ritenuto fondata la questione sollevata relativamente alla sanzione amministrativa della revoca della patente di guida per la quale è previsto un indifferenziato automatismo sanzionatorio, che costituisce possibile indice di disparità di trattamento e irragionevolezza intrinseca.

Per la Corte costituzionale, infatti, l’automatismo della risposta sanzionatoria, non graduabile in ragione delle peculiarità del caso, può giustificarsi solo per le più gravi violazioni contemplate dal secondo e dal terzo comma sia dell’art. 589-bis, sia dell’art. 590-bis cod. pen., ossia, porsi alla guida in stato di ebbrezza alcolica o sotto l’effetto di stupefacenti.

Questo perché tali comportamenti, altamente pericolosi per la vita e l’incolumità delle persone, posti in essere in spregio del dovuto rispetto di tali beni fondamentali, giustificano una radicale misura preventiva per la sicurezza stradale consistente nella sanzione amministrativa della revoca della patente nell’ipotesi sia di omicidio stradale, sia di lesioni personali gravi o gravissime.

Al di sotto di questo livello vi sono comportamenti pur gravemente colpevoli, ma in misura inferiore sicché non è compatibile con i principi di eguaglianza e proporzionalità la previsione della medesima sanzione amministrativa. In tal caso, l’automatismo della sanzione amministrativa più non si giustifica e deve cedere alla valutazione individualizzante del giudice.

In conclusione, la revoca della patente di guida non può essere “automatica” indistintamente in ognuna delle plurime ipotesi previste sia dall’art. 589-bis (omicidio stradale) sia dall’art. 590-bis cod. pen. (lesioni personali stradali), ma si giustifica solo nelle ben circoscritte ipotesi più gravi sanzionate con la pena rispettivamente più elevata come fattispecie aggravate dal secondo e dal terzo comma di entrambe tali disposizioni (guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di stupefacenti).

Negli altri casi, che il Legislatore stesso ha ritenuto di non pari gravità, sia nelle ipotesi non aggravate del primo comma delle due disposizioni suddette, sia in quelle aggravate dei commi quarto, quinto e sesto, il Giudice deve poter valutare le circostanze del caso ed eventualmente applicare come sanzione amministrativa accessoria, in luogo della revoca della patente, la sospensione della stessa come previsto – e nei limiti fissati – dal secondo e dal terzo periodo del comma 2 dell’art. 222 C.d.S..

2. Automatico divieto di conseguire una nuova patente per i 5 anni successivi alla revoca (222, comma 3-ter, C.d.S.).

La questione avente ad oggetto l’art. 222, comma 3-ter, cod. strada (il conseguimento di una nuova patente di guida, dopo un periodo di tempo più o meno lungo, determinato per legge) sollevata dal solo Tribunale ordinario di Torino, è stata ritenuta dalla Corte, inammissibile per difetto di rilevanza poiché non oggetto del giudizio a quo.

La Corte si è, infatti, espressa nel senso che il giudice penale non deve fare applicazione di tale disposizione: in caso di pronuncia di condanna per il reato di omicidio stradale o di lesioni personali stradali, gravi o gravissime, è chiamato solo ad applicare – nei casi sopra indicati – la sanzione amministrativa della revoca della patente, ma non deve determinare il periodo di tempo necessario per conseguire una nuova patente di guida, che è fissato dalla legge e che rileva nel procedimento amministrativo successivamente promosso dall’interessato per ottenere il provvedimento autorizzatorio.

La questione di legittimità costituzionale (relativamente al periodo di 5 anni previsto dalla norma) potrà, quindi, rientrare, in sede di possibile contestazione dell’eventuale diniego del provvedimento autorizzatorio (amministrativo) perché richiesto prima del decorso del tempo previsto per legge.

3. Divieto di bilanciamento delle circostanze aggravanti con le attenuanti (art. 590 quater c.p.)

La Corte ha ritenuto infondata la questione sollevata relativamente al divieto di bilanciamento tra circostanze aggravanti “privilegiate” e circostanze attenuanti, osservando, altresì, l’attuale contesto normativo che prevede svariati casi di divieti simili.

Il legislatore del 2016, nel creare due reati colposi di nuovo conio (artt. 589-bis e 590-bis cod. pen.), che in precedenza per lungo tempo avevano costituito invece reati comuni aggravati dalla violazione delle norme sulla circolazione stradale, li ha accompagnati con la contestuale introduzione di questa attenuante (concorso di colpa) che non solo è a effetto speciale, ma ha anche un contenuto marcatamente diverso da quello delle circostanze attenuanti comuni.

Il suo presupposto è dato dal carattere non esclusivo dell’efficienza causale della condotta dell’imputato, circostanza che ricade nel divieto di bilanciamento posto dalla disposizione censurata diversamente dalla circostanza attenuante dell’apporto di «minima importanza» del concorrente nella cooperazione colposa (art. 114 cod. pen.), fattispecie questa che, rilevando come circostanza attenuante, è espressamente esclusa dal divieto di bilanciamento previsto dalla disposizione censurata.

Sicché, l’ipotesi estrema della condotta del colpevole che risulti essere di “minima importanza”

rispetto al concorso di colpa della parte offesa e all’eventuale concorso di altre cause dell’evento, non appartiene in realtà alle sollevate questioni di costituzionalità, né potrebbe esserlo per difetto di rilevanza.

Il maggior rigore conseguente al divieto di bilanciamento di tale circostanza attenuante a effetto speciale trova ragione nel più incisivo contrasto di condotte altamente pericolose e che da tempo creano diffuso allarme sociale per il grave pregiudizio che arrecano alla sicurezza stradale, quale appunto la guida di veicoli a motore in stato di ebbrezza alcolica o di alterazione psico-fisica conseguente all’assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope.

Per la Corte, pertanto, rientra nella discrezionalità del Legislatore, esercitata non irragionevolmente, graduare l’effetto diminuente della pena di questa attenuante a effetto speciale in riferimento alle menzionate aggravanti “privilegiate” allorché ricorra un generico concorso della colpa della parte offesa o di altre concause che rendono non esclusivo l’apporto causale dell’azione o dell’omissione del colpevole.

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[1] Cfr. Redazione, Revoca della patente nel caso di omicidio o lesioni stradali gravi o gravissime: dichiarata l’illegittimità costituzionale parziale dell’art. 222 c. 2 cod. strada, in www.giurisprudenzapenale.com

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