Danno parentale: migliori le Tabelle di Roma rispetto a quelle di Milano (Cass. 33005/21)

IL PRINCIPIO ENUNCIATO DALLA CORTE

“Al fine di garantire non solo un’adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l’uniformità di giudizio a fronte di casi analoghi, il danno da perdita del rapporto parentale deve essere liquidato seguendo una tabella basata sul sistema a punti, che preveda, oltre l’adozione del criterio a punto, l’estrazione del valore medio del punto dai precedenti, la modularità e l’elencazione delle circostanze di fatto rilevanti, tra le quali, da indicare come indefettibili, l’età della vittima, l’età del superstite, il grado di parentela e la convivenza, nonchè l’indicazione dei relativi punteggi, con la possibilità di applicare sull’importo finale dei correttivi in ragione della particolarità della situazione, salvo che l’eccezionalità del caso non imponga, fornendone adeguata motivazione, una liquidazione del danno senza fare ricorso a tale tabella. Le tabelle milanesi non rispondono ai requisiti indicati in punto di perdita di rapporto parentale, come rilevato dalla stessa Cass. n. 10579 del 2021.”

Cassazione civile, Sez. III, Sentenza del 10 novembre 2021, n. 33005

(Presidente TRAVAGLINO Giacomo – Relatore Dott. SCODITTI Enrico)

SENTENZA (estratto)

Svolgimento del processo

1. S.C., F.M. in proprio e quale genitore di L.A., F.P. in proprio e quale genitore di F.L., F.M., C., F.P. e E., tutti in proprio e quali eredi di F.L., convennero in giudizio innanzi al Tribunale di Nocera Inferiore l’ASL (OMISSIS) e I.N. chiedendo il risarcimento del danno per la morte del congiunto F.L. cagionata da errore medico. Si costituirono i convenuti chiedendo il rigetto della domanda e chiamando in causa le rispettive società assicuratrici.

2. Il Tribunale adito accolse parzialmente la domanda, liquidando il danno non patrimoniale all’attualità nella misura di Euro 30.000,00 in favore del coniuge e di Euro 20.000,00 per ciascuno dei figli, “…stante il grado e l’intensità del rapporto di parentela sussistente fra il de cuius e gli istanti, l’età dello stesso, e la mancata deduzione e, ancor più, la mancanza di ulteriori elementi di valutazione” e considerando per la moglie la circostanza della convivenza, sicchè aveva “più intensamente vissuto il dolore per la perdita”.

3. Avverso detta sentenza proposero appello sia le società assicuratrici che gli attori.

4. Con sentenza di data 12 maggio 2017 la Corte d’appello di Salerno rigettò gli appelli. Osservò la corte territoriale, per quanto qui rileva, che gli appellanti, pur avendo invocato l’applicazione delle tabelle di Milano, ne avevano omessa la produzione e che, quanto alla liquidazione equitativa del danno, mentre il Tribunale aveva valorizzato il diverso grado ed intensità del rapporto parentale nonchè l’tà del defunto, sottolineando altresì la mancanza di deduzione di ulteriori elementi di valutazione, gli appellanti non avevano articolato alcuna specifica doglianza idonea a contrastare la ratio della decisione, nè avevano fornito circostanziate deduzioni in ordine alla natura ed entità dello sconvolgimento delle abitudini familiari di portata diversa da quella considerata dal primo giudice.

5. Hanno proposto ricorso per cassazione F.P., S.C., A.C., F.L. e F.M. sulla base di due motivi. Resiste con controricorso I.N.. E’ stata rimessa la causa alla pubblica udienza ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 380 bis c.p.c.. E’ stata depositata memoria di parte. Anche il pubblico ministero ha presentato memoria.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 1226 e 2056 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la parte ricorrente che, sulla base di Cass. n. 392 del 2018, nel caso di sentenza di appello pronunciata dopo il 7 giugno 2011 è sufficiente l’invocazione dell’applicazione della tabella milanese senza obbligo di produzione della stessa.

1.1. Il motivo è fondato. Non si può non muovere nello scrutinio del motivo dal passaggio rilevante di Cass. 7 giugno 2011, n. 12408, la quale ha condizionato tutta la giurisprudenza successiva in materia di tabelle per la liquidazione del danno non patrimoniale. Affinchè il ricorso per cassazione non sia dichiarato inammissibile per la novità della questione posta, afferma la pronuncia citata che non sarà “sufficiente che in appello sia stata prospettata l’inadeguatezza della liquidazione operata dal primo giudice, ma occorrerà che il ricorrente si sia specificamente doluto in secondo grado, sotto il profilo della violazione di legge, della mancata liquidazione del danno in base ai valori delle tabelle elaborate a Milano; e che, inoltre, nei giudizi svoltisi in luoghi diversi da quelli nei quali le tabelle milanesi sono comunemente adottate, quelle tabelle abbia anche versato in atti”. La successiva giurisprudenza si è uniformata a tale dictum, affermando che la denuncia in sede di legittimità della violazione delle tabelle diffuse dal Tribunale di Milano è ammessa esclusivamente ove nel giudizio di merito la parte abbia prodotto tali tabelle, o almeno ne abbia allegato il contenuto (anche a mezzo della loro riproduzione negli scritti defensionali conclusionali), al più tardi in grado di appello, ed abbia posto la questione dell’applicazione dei relativi parametri (Cass. 21 novembre 2017, n. 27562; 7 settembre 2016, n. 17678; 16 giugno 2016, n. 12397; 23 febbraio 2016, n. 3505; 17 febbraio 2016, n. 3015; 13 novembre 2014, n. 24205; 7 novembre 2014, n. 23778).

Deve essere chiarita, proprio alla luce della portata della decisione del 2011, la differenza fra il proporre l’istanza di applicazione delle tabelle e l’onere di produzione o quanto meno di allegazione del contenuto delle tabelle medesime negli scritti defenzionali.

1.2. Come illustrato in modo più approfondito nella motivazione di Cass. 21 aprile 2021, n. 10579, alla quale si rinvia per ogni approfondimento, le tabelle di liquidazione del danno non patrimoniale rappresentano la concretizzazione in forma di fattispecie della clausola generale di valutazione equitativa del danno di cui all’art. 1226 c.c.. La conversione della clausola generale in ipotesi standardizzate, alla stessa stregua di fattispecie, risponde all’esigenza di preservazione dell’uniformità e prevedibilità delle decisioni a garanzia del fondamentale principio di eguaglianza. Cass. n. 12408 del 2011 ha riconosciuto che garantisce tale uniformità di trattamento il riferimento al criterio di liquidazione predisposto dal Tribunale di Milano, essendo esso già ampiamente diffuso sul territorio nazionale, salvo che non sussistano in concreto circostanze idonee a giustificarne l’abbandono.

Attraverso il sistema del punto variabile per la misura del risarcimento a seguito di danno biologico, la tabella elaborata dall’ufficio giudiziario, per astrazione dalle sentenze di merito monitorate, definisce un complesso di caselle entro le quali sussumere il caso, analogamente a quanto avviene con la tecnica della fattispecie, in funzione dell’uniforme risoluzione delle controversie. L’omessa o erronea applicazione delle tabelle del Tribunale di Milano ha comportato, secondo l’insegnamento di questa Corte, l’integrazione della violazione dell’art. 1226 c.c., per la corrispondenza del precipitato tabellare delle prassi giurisprudenziali, elaborato da quell’ufficio giudiziario, alla corretta interpretazione della clausola di valutazione equitativa del danno.

Essendo equivalenti alla morfologia della fattispecie legale, le tabelle constano di un elemento materiale, costituito dalla circostanza fattuale del punto d’invalidità, e di un elemento formale, rappresentato dal valore monetario. La giurisprudenza di questa Corte richiede che il parametro delle tabelle sia invocato nei gradi di merito perchè la liquidazione del danno mediante tabella non corrisponde ad una mera qualificazione ma, avendo la tabella una portata equivalente alla fattispecie e costituendo essa l’alternativa alla clausola generale di cui all’art. 1226, presuppone che l’elemento materiale del danno corrispondente al punto di invalidità sia stato dedotto in giudizio, mediante per l’appunto l’invocazione dell’applicazione delle tabelle. Stante il rimedio alternativo della concretizzazione giudiziale della clausola generale, la parte attrice, se mira alla liquidazione del danno mediante tabella, è tenuta a dedurre in giudizio il danno così come standardizzato in forma di tabella, alla stessa stregua della fattispecie da allegare con la domanda.

Non così per la tabella unica nazionale di cui all’art. 138 cod. assicurazioni, non ancora adottata al momento della presente decisione. Dal momento della sua adozione, la tabella nazionale sarà l’esclusiva forma di liquidazione del danno non patrimoniale, senza che la clausola generale dell’art. 1226 possa conservare una valenza residuale. E’ sufficiente quindi per l’attore allegare il danno non patrimoniale: sarà poi compito del giudice, stavolta in sede puramente qualificatoria, fare applicazione della tabella unica nazionale.

1.3. Come si è detto, la giurisprudenza di questa Corte richiede non solo che l’applicazione delle tabelle sia stata invocata nei gradi di merito, ma richiede anche che “nei giudizi svoltisi in luoghi diversi da quelli nei quali le tabelle milanesi sono comunemente adottate”, le tabelle siano state versate in atti, mediante deposito o riproduzione negli scritti difensionali.

Le tabelle non sono una fonte di diritto che il giudice è tenuto a conoscere in virtù del potere di qualificazione giuridica dei fatti. Esse tuttavia, quale monitoraggio della giurisprudenza di merito sul danno non patrimoniale ed estrazione da essa di parametri standard per la relativa liquidazione, integrano il diritto vivente se acquistano, come nel caso delle tabelle del Tribunale di Milano, la valenza di determinazione del danno non patrimoniale conforme a diritto. Deve considerarsi che, quando nel 2011 questa Corte enunciò l’esistenza dell’onere di produzione in giudizio, le tabelle milanesi, pur ampiamente diffuse sul territorio nazionale (ed anche a motivo di ciò da adoperare ai fini dell’uniforme liquidazione del danno), non erano comunque “comunemente adottate” in tutti gli uffici giudiziari. Da ciò la necessità di riversarle in atti, ove se ne invocasse l’applicazione. Il decennio da allora trascorso, che ha consolidato il diritto vivente in termini di utilizzo delle tabelle milanesi quale parametro di liquidazione del danno non patrimoniale basato sul sistema del punto variabile, impone di presumere non solo che l’assoluta prevalenza degli uffici giudiziari abbia adottato nella propria giurisprudenza le tabelle in discorso, ma anche che le tabelle siano facilmente accessibili mediante i comuni mezzi di comunicazione, ed in primo luogo i mezzi informatici.

Più in generale l’informatica giuridica è ormai mezzo universalmente diffuso per l’accesso alle tabelle in generale di liquidazione del danno patrimoniale adoperate dagli uffici giudiziari, non solo quindi quelle milanesi (ad esempio, a parte le tabelle elaborate dal Tribunale di Milano, quelle adottate dal Tribunale di Roma). Può pertanto sul punto concludersi che onere necessario e sufficiente per la parte è quello dell’istanza di liquidazione del danno patrimoniale non mediante la clausola generale dell’art. 1226 ma mediante le tabelle. Sarà poi il giudice, sulla base della domanda, ad applicare la liquidazione tabellare conforme a diritto.

1.4. Lo scrutinio del motivo non può dirsi esaurito perchè, trattandosi nella specie di danno da perdita di rapporto parentale, il Collegio intende dare continuità alla citata recente Cass. 21 aprile 2021, n. 10579, la quale ha affermato il seguente principio di diritto: al fine di garantire non solo un’adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l’uniformità di giudizio a fronte di casi analoghi, il danno da perdita del rapporto parentale deve essere liquidato seguendo una tabella basata sul sistema a punti, che preveda, oltre l’adozione del criterio a punto, l’estrazione del valore medio del punto dai precedenti, la modularità e l’elencazione delle circostanze di fatto rilevanti, tra le quali, da indicare come indefettibili, l’età della vittima, l’età del superstite, il grado di parentela e la convivenza, nonchè l’indicazione dei relativi punteggi, con la possibilità di applicare sull’importo finale dei correttivi in ragione della particolarità della situazione, salvo che l’eccezionalità del caso non imponga, fornendone adeguata motivazione, una liquidazione del danno senza fare ricorso a tale tabella.

Le tabelle milanesi non rispondono ai requisiti indicati in punto di perdita di rapporto parentale, come rilevato dalla stessa Cass. n. 10579 del 2021. La decisione impugnata, per quanto sopra osservato, deve essere cassata, ma nel giudizio di rinvio il giudice di merito dovrà si liquidare il danno non patrimoniale sulla base di tabella, conformemente alla domanda della parte danneggiata, ma facendo applicazione non delle tabelle milanesi, le quali restano conformi a diritto salvo che per la liquidazione del danno da perdita di rapporto parentale, bensì di altre tabelle che rispondano ai requisiti sopra indicati.

1.5. Vanno in conclusione enunciati i seguenti principi di diritto:

“ai fini della liquidazione del danno non patrimoniale mediante il criterio tabellare il danneggiato ha esclusivamente l’onere di fare istanza di applicazione del detto criterio, spettando poi al giudice di merito di liquidare il danno non patrimoniale mediante la tabella conforme a diritto;”;

“al fine di garantire non solo un’adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l’uniformità di giudizio a fronte di casi analoghi, il danno da perdita del rapporto parentale deve essere liquidato seguendo una tabella basata sul sistema a punti, che preveda, oltre l’adozione del criterio a punto, l’estrazione del valore medio del punto dai precedenti, la modularità e l’elencazione delle circostanze di fatto rilevanti, tra le quali, da indicare come indefettibili, l’età della vittima, l’età del superstite, il grado di parentela e la convivenza, nonchè l’indicazione dei relativi punteggi, con la possibilità di applicare sull’importo finale dei correttivi in ragione della particolarità della situazione, salvo che l’eccezionalità del caso non imponga, fornendone adeguata motivazione, una liquidazione del danno senza fare ricorso a tale tabella”.

2. Con il secondo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 111 Cost., art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e art. 156 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la parte ricorrente che, nella liquidazione operata dal Tribunale, non vi è stato ancoraggio a parametri obiettivi, da cui il carattere arbitrario della decisione, e che non è dato comprendere da dove siano emersi i valori monetari indicati.

2.1 Il motivo è fondato. Nella valutazione equitativa del danno ai sensi dell’art. 1226 c.c., la motivazione non è solo forma dell’atto giurisdizionale imposta dalla Costituzione e dal codice processuale, ma è anche sostanza della decisione, perchè la valutazione equitativa, nella sua componente valutativa, si identifica con gli argomenti che il giudice espone. Gli argomenti (così come quando si bilanciano principi costituzionali) coincidono con la valutazione. Valutare è argomentare. L’argomentazione è la procedura che mira ad assicurare il più esteso esame delle circostanze del caso. Una liquidazione equitativa del danno, priva di specifica motivazione, è pertanto violazione non solo della legge processuale, ma anche dell’art. 1226, perchè ciò che difetta è non solo la motivazione, ma anche la valutazione.

Il giudice di appello ha confermato la decisione di primo grado, la quale aveva dedotto dal grado ed intensità del rapporto parentale, unitamente alla circostanza dell’età del defunto ed a quella della convivenza quanto al coniuge, la quantificazione del danno all’attualità nella misura di Euro 30.000,00 in favore del coniuge e di Euro 20.000,00 per ciascuno dei figli. Il punto correttamente censurato con l’atto di appello, e non colto dal giudice di appello che ha rilevato l’assenza di una specifica doglianza, è la mancanza di un passaggio logico fra le circostanze evidenziate e gli importi identificati. Ciò che resta privo di motivazione, e che rende quindi apparente quella resa nel provvedimento, è il perchè di quei determinati importi, poste in premessa le circostanze evidenziate. La lacuna motivazionale è sull’inferenza degli importi dai presupposti dati. Sul punto quindi della quantificazione del danno la motivazione è meramente apparente.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso; cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti; rinvia alla Corte di appello di Salerno in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 5 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2021

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